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Il Blog di Marco Piazza

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Postilla » Fisco » Il Blog di Marco Piazza » Commercio e fiscalità internazionale » La paradossale convenienza di avere una holding CFC

2 novembre 2010

La paradossale convenienza di avere una holding CFC

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Una persona fisica controlla una holding estera dotata dei requisiti di cui all’articolo 167 del Testo unico, per essere soggetta alla tassazione per trasparenza (regime CFC).

La holding detiene partecipazioni in società non CFC che distribuiscono dividendi.

La persona fisica non si preoccupa di fornire dimostrazione della sussistenza delle esimenti di cui ai commi 5 o 8 ter dell’articolo 167 in capo alla holding.

La circolare 51/E del 2010 precisa che se gli utili distribuiti dalla CFC originano da un reddito precedentemente tassato per trasparenza in capo al socio italiano, gli stessi – in caso di distribuzione dei dividendi – non vanno nuovamente tassati in capo al medesimo soggetto. Ciò a prescindere dalla circostanza che, a seguito delle variazioni in aumento ed in diminuzione operate al fine di determinare il reddito imponibile, quest’ultimo sia superiore o inferiore all’utile dell’esercizio distribuito. Quest’ultima precisazione sembra smentire la circolare 10/E del 2005, risposta 6.5, confermata dalla risoluzione 191/E del 2007.

Per fare un esempio, se la CFC ha percepito dividendi per 100 (esenti localmente) da una società a tassazione ordinaria e tali dividendi sono stati tassati per trasparenza nel quadro FC per 5, al momento in cui la CFC distribuirà il proprio utile di 100, la società italiana lo renderà detassato in misura integrale e non solo per 95.
Quanto sopra, in effetti, è perfettamente razionale – in quanto consente di impedire una doppia imposizione economica – se il socio della CFC è una società di capitali italiana, ma se è una persona fisica si verifica un effetto particolare: il dividendo percepito dalla CFC e da questa distribuito risulta tassato in capo al socio con l’aliquota Irepf marginale su una base del 5% e quindi (senza tener conto delle addizionali) con un’aliquota effettiva massima del 2,15%; certamente meno che se la holding non fosse CFC, dato che in questo secondo caso il dividendo sarebbe tassato in capo al socio sempre con l’aliquota Irepf marginale, ma su una base del 49,72%, con un tasso effettivo più di dieci volte superiore.

E’ lo stesso problema che si pone in caso di trust “trasparenti” che detengono partecipazioni e che si poneva in caso di opzione per trasparenza delle società a ristretta base proprietaria prima dell’aggiunta, nell’articolo 115 del testo unico, del secondo periodo del comma 2.

In conclusione, pare che in certi casi, il nostro legislatore tratti le holding “artificiose” meglio di quelle “virtuose”.
E’ facile immaginare che il verificatore si impegnarà in modo particolare per impedire la strumentalizzazione della norma e della relativa interpretazione ministeriale: ad esempio dedicando ogni sforzo alla raccolta della documentazione idonea a dimostrare che la holding è fiscalmente residente in Italia e non all’estero.

Sarebbe, invece, grottesco se il verificatore motivasse un eventuale accertamento documentando che la costruzione non è artificosa e quindi non è soggetta alla CFC. Comunque non potrebbe, perché l’articolo 167 attribuisce al solo contribuente la facoltà di fornire questo genere di prova.

Nell’attuale contesto, non si può escludere che venga contestato l’ «abuso della norma antielusiva».

La prassi in materia è scarsa e contrastante. Una risoluzione in materia di consolidato fiscale (409/E del 30 ottobre 2008) ha affermato che la presunzione relativa di residenza fiscale in Italia prevista dall’articolo 73, comma 3 del Testo unico «non si presta ad un suo utilizzo puramente strumentale (…) al fine di beneficiare “temporaneamente e in modo opportunistico” dei vantaggi fiscali conseguenti alla applicazione ad un medesimo contribuente di differenti regime tributari». Tuttavia in occasione dello scudo fiscale, la circolare 43/E del 2009 (confermata dalla 52/E del 2010) ha ammesso che le persone fisiche emigrate in Paradisi fiscali potessero adire alla sanatoria semplicemente manifestando all’intermediario il proprio status di residente italiano, rinunciando pertanto alla possibilità di fornire la prova contraria di cui al comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR.

Non risulta giurisprudenza, ma è facile immaginare gli esiti dell’eventuale contenzioso quando giugerà in Cassazione.

Letture: 18674 | Commenti: 2 |
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2 Commenti a “La paradossale convenienza di avere una holding CFC”

  1. Andrea Fumagalli scrive:
    Scritto il 9-11-2011 alle ore 21:18

    Chiedo scusa per essere assolutamente fuori tema rispetto all’articolo, ma colgo la possibilità di usare questo spazio per segnalare alcuni dubbi relativi all’articolo sui contratti di cash pooling pubblicato in Fiscalità & Commercio Internazionale di ottobre 2011. In particolare nell’ultimo paragrafo, si scrive che:

    1) “l’art. 26bis del DPR 600/1973 limita l’esenzione ai soggetti non residenti in stati o territori a fiscalità privilegiata”. In tal senso ritengo che una modifica normativa introdotta nell’ art. 6 D.Leg.239/1996 dal DL 269/2003 (convertito dalla L. 326/2003) abbia eliminato la limitazione riguardante i soggetti residenti in paesi black list. In virtù di tale modifica risulta sufficiente che lo Stato estero di residenza del beneficiario sia parte di un accordo di scambio di informazioni con l’Italia.
    2) l’esenzione di cui al 26-quater del DPR n. 600/1973 non è applicabile agli accordi ZBS nel caso (usuale) in cui non sottendano operazioni di prestito. Tale fattispecie non integra però alcuna ipotesi di esclusione dalla definizione di interesse di cui al suddetto articolo 26-quater. In particolare nel caso che sto esaminando la pool leader è una società svizzera che non rileva ai fini black list in quanto non gode di alcuna esenzione di imposte cantonali. La controllante italiana che corrisponde interessi alla pool leader nell’ambito del suddetto rapporto di cash pooling ZBS non può avvalersi dell’esenzione di cui all’art. 26-bis del DPR n. 600/1973 in quanto sotto il profilo soggettivo, la norma limita l’esenzione ai redditi percepiti da soggetti residenti in Stati con i quali sono in vigore convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito e che consentono un adeguato scambio di informazioni e fra tali paesi il DM 4 settembre 1996 non annovera la Svizzera. Escludendo quindi l’applicazione del 26-bis, ritengo comunque applicabile sia l’esenzione di cui al 26-quater (che ai sensi dell’art. 15 dell’accordo CE-Svizzera del 26 ottobre 2004 riguarda sia i paesi UE che la Svizzera) sia, in subordine, la Convenzione Italia Svizzera qualora i requisiti indicati nel suddetto 26-quater non siano rispettati.
    3) Sulla base di quanto indicato al punto 2 non condivido quindi lo schema riepilogativo dell’applicazione delle ritenute nel punto in cui viene ribadita l’assoggettabilità a ritenute degli interessi pagati in caso di cash pooling ZBS a controparti UE (mentre in caso di controparti extra-UE l’esenzione viene prevista).
    Mi scuso ancora per essere off topic e la ringrazio per il tempo che vorrà dedicare a questa e-mail.
    Cordiali saluti
    Andrea Fumagalli

  2. PAOLO RIGOLASSI scrive:
    Scritto il 28-8-2012 alle ore 10:12

    Per applicare l’esenzione di cui al punto 2 occorre comunque che la pool leader, sia pure svizzera, sia la diretta controllante della società erogante gli interessi giusto?

    In generale non c’è spazio per evocare l’esimente secondo cui la pool leader è una società svizzera che non rileva ai fini black list in quanto non gode di alcuna esenzione di imposte cantonali?

    Grazie

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  • abuso del diritto, Agenzia Entrate, attività all'estero, azioni, C-525/11, Cassazione 7080 2012, Cassazione 8982 2011, Cassazione 32091 2013, CFC, circolare Agenzia Entrate 28/E 2012, commercio internazionale, Dpr. 642/72; fiduciarie, evasione fiscale, fiscalità internazionale, fondazioni, holding CFC socio persona fisica, imposta di bollo, imposta patrimoniale, IMU, indicatori anomalie professionisti, intermediari finanziari, IVAFE, iva intracomunitaria, IVIE, Mednis, modulo RW, operazioni sospette, partecipazioni, provvedimento 5 giugno 2012, quadro RW, quote di srl, reati tributari, regolarizzazione, residenza fiscale, riciclaggio, rimborsi Iva, rimpatrio, scudo fiscale, società, società a ristretta base familiare, società controllate estere, sostituto d'imposta, stabile organizzazione, trust, voluntary disclosure
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