23 giugno 2014
Quadro RW: l’intreccio con l’Ivie e l’Ivafe lo ha reso ingestibile
Ci sono diversi aspetti del nuovo quadro RW del modello Unico che meriterebbero un radicale ripensamento o almeno un chiarimento ufficiale in direzione semplificatoria.
Il nuovo quadro RW – nel quale le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali residenti in Italia devono indicare gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria – è stato notevolmente complicato dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate 18 dicembre 2013 che ne ha decretato l’utilizzo anche per il calcolo dell’IVIE e dell’IVAFE.
Attività da indicare nell’RW, ma da non assoggettare ad IVIE o IVAFE. Alcuni problemi sono stati risolti con il provvedimento del 12 maggio 2014 che ha modificato le specifiche tecniche.
E’ stato così reso possibile evitare ai “titolari effettivi” di società non white list (NWL) non detenute attraverso società italiane o società white list (WL) o fiduciarie italiane – i quali devono indicare nel quadro RW gli investimenti all’estero e le attività finanziarie estera detenute dalla NWL al posto della partecipazione nella WL – di evitare di pagare l’Ivafe o l’Ivie su tali investimenti e attività. Sarà sufficiente non compilare la colonna “giorni di possesso” (per le attività finanziarie) o quella “mesi di possesso” (per gli immobili).
Con un analogo meccanismo è anche possibile:
– non applicare l’Ivie sugli immobili all’estero posseduti a titolo di “nuda proprietà”, coerentemente con quanto chiarito dalla circolare 28/E del 2012;
– non applicare l’Ivafe da parte del soggetto che abbia solo una delega ad operare sul conto, il quale deve comunque compilare il quadro RW pur non essendo titolare del conto.
Stock option e forme di previdenza. Restano tuttavia incongruenze molto gravi. Nei controlli di rispondenza (fortunatamente non “bloccanti”) viene precisato che
il campo “giorni di possesso” (la cui compilazione comporta il pagamento dell’Ivafe) deve essere compilato se il campo 03 (codice di individuazione del bene) assume valori diversi da 15 (immobili), 16 (beni mobili registrati – yacht, auto di lusso, ecc.), 17 (opere d’arte e i gioielli), 18 (altri beni patrimoniali) e 19 (immobile estero adibito ad abitazione principale).
Quindi, diventano di fatto soggetti ad Ivafe anche:
– le stock option, codice 9;
– e le forme di previdenza gestite da soggetti esteri, codice 12;
Ma, come confermato anche dalla circolare 28/E del 2012, par. 2.2, per espressa previsione del paragrafo 5 del provvedimento 5 giugno 2014, l’Ivafe non è dovuta sulle forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero e – a meno che non siano cedibili – sulle stock option.
Metalli preziosi. Inoltre, la modulistica induce a pagare l’Ivafe anche sui metalli preziosi allo stato grezzo o monetato (codice 10), come del resto previsto dal provvedimento del 5 giugno 2012 citato, nonostante la contestazione della Commissione Ue (Eu Pilot 5095/12/ TAXUD) secondo cui la base imponibile dell’Ivafe non deve divergere da quella dell’imposta di bollo sulle comunicazioni periodiche degli intermediari finanziari italiani, imposta dovuta solo “sui prodotti finanziari” e non su altri tipi di investimenti. Da notare che l’ art. 7 dell’atto del Senato 1894 del 2013 (Legge europea 2013 bis), da tempo giacente in parlamento, recepisce la contestazione della Commissione attraverso una modifica all’articolo 19 del Dl. 201 del 2011.
Se la modulistica non sarà modificata, l’unico modo per evitare di pagare l’Ivafe indebitamente sarà di indicare nel quadro RW queste attività usando il codice generico “altri beni patrimoniali” (codice 18), che dà la possibilità quindi di non compilare la casella giorni di possesso.
Partecipazioni al ptrimonio di trust. Un caso particolare è quello delle partecipazioni patrimonio di trust, fondazioni o altre entità giuridiche diverse dalle società (codice 11) che deve essere utilizzato dai beneficiari individuati di trust o fondazioni esteri che non siano “titolare effettivi” in quanto non destinatari di una “quota rilevante” (almeno il 25%del patrimonio del trust) del patrimonio del trust. Questo soggetti, infatti, devono indicare nel quadro RW il valore della quota di patrimonio del trust ad essi riferibile e non invece, con l’approccio look trough, il valore degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria detenuti dal trust, come invece, devono fare i beneficiari individuati di “quote rilevanti” del trust.
Dalle specifiche tecniche si desume che i beneficiari individuati diversi dai “titolari effettivi” devono pagare l’Ivafe sulla loro quota di patrimonio pur non essendo detentori di alcun tipo di “prodotto finanziario”. Anche in questo caso, non si tratta di “errore bloccante”, ma solo di indicatore di rispondenza; ciò non toglie che i beneficiari individuati non titolari effettivi che intendessero, peraltro legittimamente, non assoggettare ad Ivafe il patrimonio nel trust dovranno forzare il programma.
Attività finanziarie che producono redditi non assoggettabili a ritenuta.
Altri problemi sono sia di carattere informatico sia concettuali.
Le istruzioni avvertono che «sulla base di quanto previsto dal novellato articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 167 del 1990, (…) gli obblighi di monitoraggio non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, a condizione che i flussi finanziari e redditi derivanti da tali attività siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi. In sostanza, rispetto alle disposizioni vigenti prima delle modifiche apportate dalla legge europea 2013, non è più sufficiente che i flussi finanziari e i redditi delle attività oggetto di monitoraggio siano stati riscossi per il tramite di intermediari residenti, essendo stabilito che l’esclusione da monitoraggio è subordinato anche all’applicazione del prelievo da parte da parte del soggetto che interviene nella riscossione dei predetti flussi». Viene poi precisato che «per le attività finanziarie e patrimoniali che nel periodo d’imposta non hanno prodotto reddito, l’esonero compete sempreché affidate in amministrazione o gestione presso un intermediario residente, anche in assenza di opzione per i regimi del risparmio amministrato o gestito, che ha l’incarico di regolare tutti i flussi connessi con l’investimento, il disinvestimento ed il pagamento dei relativi proventi. In mancanza di tale affidamento (…) il contribuente deve indicare le consistenze delle attività nel quadro RW evidenziando che le stesse non hanno prodotto redditi nel periodo d’imposta o che sono infruttifere».
Non è regolato il caso in cui le attività finanziarie abbiano prodotto un reddito che l’intermediario non ha assoggettato a ritenuta o imposta sostitutiva per mancanza dei presupposti. Ad esempio:
– dividendi o redditi assimilati percepiti da enti non commerciali o società semplici;
– plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate o redditi;
– assimilati percepiti da enti non commerciali o società semplici;
– proventi dei titoli atipici non collocati in Italia;
– proventi delle polizze di assicurazione sulla vita di compagnie non in libera prestazione di servizi;
– interessi su finanziamenti erogati a soggetti non residenti;
– plusvalenze derivanti dalla cessione o prelievo di valute estere a meno che il rapporto non sia nel regime di risparmio gestito.
A parte il fatto che, in tutti questi casi, l’intermediario procede ad apposite segnalazioni all’Agenzia delle entrate nell’ambito del monitoraggio fiscale o nel quadro SO del modello 770 (a questo proposito non è chiaro perché da quest’anno non si debba più indicare nel quadro SK del modello 770 i dividendi di fonte estera comunicati dalla banca nel monitoraggio fiscale, con il rischio che il reddito non sai certificato e il cliente non si renda conto di doverlo indicare in dichiarazione), non è concepibile che le attività finanziarie suscettibili di produrre questi redditi debbano essere incluse nell’RW – da parte delle società semplici ed enti non commerciali – negli anni in cui hanno prodotto redditi e non negli anni in cui non li hanno prodotti.
Oltre a tutto, il diabolico intreccio fra RW e Ivafe induce l’ente o la società a pagare l’Ivafe anche se l’ha già pagata, per suo conto, la fiduciaria o l’intermediario finanziario, sotto forma di imposta di bollo.
Dovrebbe bastare la logica a generalizzare l’esonero, ma i contribuenti, quando un caso non è contemplato con precisione nelle istruzioni temono sempre che in futuro possano emergere interpretazioni strumentali.
Il codice fiscale dell’entità estera. Nella colonna 20 si deve inserire – come precisano le istruzioni – il codice fiscale o il codice identificativo della società o altra entità giuridica nel caso in cui il contribuente risulti titolare effettivo (in questo caso la colonna 2 va compilata con il codice 2 e la colonna 19 va compilata con la percentuale relativa alla partecipazione). Nel caso in cui il contribuente sia “titolare effettivo” di una percentuale rilevante di un trust italiano, non dovrebbero porsi problemi. Nel caso, invece, in cui la partecipazione rilevante riguardi società o entità estere non è detto che sia possibile conoscerne il codice identificativo. Peraltro, stando alle specifiche tecniche, la mancata compilazione del campo non comporta errori bloccanti ne di rispondenza.
Il codice fiscale degli “altri soggetti”. Le istruzioni alle colonne 20 e 21 dispongono che vi si debbano inserire i codici fiscali degli altri soggetti che a qualsiasi titolo sono tenuti alla compilazione del quadro RW nella propria dichiarazione dei redditi. Ci sono, però, solo due campi: se gli “altri soggetti” sono più di due si dovrebbero compilare altri righi del quadro RW, ma la mancata compilazione dei campi che riguardano la liquidazione dell’Ivie e dell’Ivafe genera errori di rispondenza, anche se non bloccanti.
Titolari effettivi di partecipazioni in società operative NWL. Particolarmente assurda è la situazione del titolare effettivo di una partecipazione in una società industriale o commerciale operativa in un Paese a NWL. Stando alle istruzioni dovrebbe indicare nel quadro RW il totale delle attività (senza dedurre le passività) della società estera, preoccupandosi, peraltro di verificare, attività per attività, se sia il caso di utilizzare il costo o il valore normale, o quello catastale, ecc.
Questo effetto palesemente distorsivo deriva dal fatto che il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 18 dicembre 2013 ha regolato in modo illogicamente estensivo l’articolo 4, comma 1 del Dl. 167 del 1990.
La legge, infatti si limita a disporre che sono tenuti a compilare il quadro RW anche le persone fisiche, le società semplici e gli enti non commerciali residenti che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera u), e dall’allegato tecnico del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
L’articolo 1, comma 2, lettera u) del D. Lgs. 231 definisce il “titolare effettivo” come segue: la persona fisica o le persone fisiche (ma il provvedimento del 18 dicembre 2013 estende il campo di applicazione agli enti non commerciali e alle società semplici) che, in ultima istanza, possiedono o controllano un’entità giuridica, ovvero ne risultano beneficiari secondo i criteri di cui all’allegato tecnico al decreto.
L’allegato tecnico, più in dettaglio afferma che il titolare effettivo è
a) in caso di società:
1) la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o controllino un’entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica, anche tramite azioni al portatore, purché non si tratti di una società ammessa alla quotazione su un mercato regolamentato e sottoposta a obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti; tale criterio si ritiene soddisfatto ove la percentuale corrisponda al 25 per cento più uno di partecipazione al capitale sociale;
2) la persona fisica o le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un’entità giuridica;
b) in caso di entità giuridiche quali le fondazioni e di istituti giuridici quali i trust, che amministrano e distribuiscono fondi:
1) se i futuri beneficiari sono già stati determinati, la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica;
2) se le persone che beneficiano dell’entità giuridica non sono ancora state determinate, la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica;
3) la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica.
L’oggetto della comunicazione nel quadro RW, quindi non può essere che l’investimento inteso nel significato circoscritto contenuto nell’allegato tecnico, ovvero:
– la società
– o l’entità giuridica.
Non esiste, nella normativa antiriciclaggio, il concetto di titolare effettivo di un impianto, di un magazzino di merci, ma neppure di un titolo obbligazionario di un immobile, ecc. L’intermediario destinatario di obblighi antiriciclaggio deve individuare, invece, il titolare effettivo dell’entità giuridica che possiede queste attività, quando intrattiene un rapporto rilevante con tale entità giuridica.
Pertanto l’innovazione contenuta nell’articolo 4 del D. Lgs. 167 del 1990 mira esclusivamente ad adottare un approccio look trough che abbia ad oggetto il possesso indiretto di società ed altre entità giuridiche, ma non delle attività (diverse da altre società od entità giuridiche) detenute dalle prime.
Supponendo quindi che un contribuente sia indirettamente (attraverso un società estera NWL) titolare effettivo di una partecipazione in una società estera che non detenga, a sua volta, partecipazioni in altre società o entità estere NWL o entità giuridiche estere. Dovrebbe indicare nel suo quadro RW la partecipazione detenuta direttamente e quella detenuta indirettamente, ma non le attività detenute da quest’ultima.
Considerato, quindi che l’approccio adottato dal provvedimento del 8 dicembre eccede largamente la delega di legge, è auspicabile che, in via interpretativa, vengano almeno disinnescati gli effetti perversi dell’interpretazione contenuta nel provvedimento. Probabilmente basterebbe precisare che se il soggetto è titolare effettivo di una società NWL di cui il contribuente sia in grado di documentare che si tratta di una società non rientrante fra quelle “black list” di cui al D. 21 novembre 2001 o che comunque presentino svolga un’effettiva attività industriale o commerciale e quindi non possa lasciar adito al dubbio che sia utilizzabile come veicolo interposto.
Scritto il 2-7-2014 alle ore 15:05
Salve,
ho letto il suo articolo, oltre a “Il nuovo quadro RW di UNICO 2014″ pubblicato su “Monitoraggio Fiscale”.
Avrei bisogno di porle una domanda relativa al tema IVAFE su conti trading esteri, in particolare in relazione alla liquidità “residua” presente su un conto trading (non C/C) e come vada dichiarata in RW.
Può contattarmi via mail ?
Grazie
Scritto il 9-9-2014 alle ore 12:22
Buongiorno,
vorrei chiederle se mi potesse dire se va pagata l’IVIE o meno sulle opere d’arte detenute all’estero, e in caso non dovesse essere pagata se esiste una circolare o un documento dove è scritta questa specifica?
Grazie
Scritto il 11-9-2014 alle ore 22:30
Le opere d’arte non sono soggette all’Ivafe, in quanto in base all’articolo 19, comma 8 del Dl. 201 del 2011, il tributo è dovuto solo sulle sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato.
Le opere d’arte non sono “attività finanziarie”.
L’Agenzia delle Entrate non ha mai dichiarato espressamente che le opere d’arte non sono soggette all’Ivafe, ma basta confrontare il par. 2.2 della circolare 28/E del 2012 – che elenca le attività finanziare soggette al tributo senza comprendervi le opere d’arte – con i par. 1.3.1e 1.3.2 della circolare 38/E del 2013 – che individuano le attività di natura finanziaria e patrimoniale che sono soggette all’obbligo di indicazione nel quadro RW – per avere conferma che le opere d’arte rientrano fra le attività patrimoniali da indicare nel quadro RW, ma non anche fra quelle finanziarie che oltre dover essere indicate nel quadro RW sono soggette all’Ivafe.
Queste conclusioni sono confrontate dal confronto della versione delle specifiche tecniche varate il 16 aprile 2014, con quelle emendate con il provvedimento del 12 maggio 2014.
La versione aggiornata, a differenza della precedente, consente di non compilare il campo 10 (“Giorni di possesso”) quando il campo 2 (“Codice individuazione bene”) assume il valore 17 (“Opere d’arte e gioielli”). In questo modo è possibile assolvere l’obbligo di compilazione del quadro RW senza pagare l’Ivafe.
Scritto il 16-9-2014 alle ore 10:20
Buongiorno,
le sarei grato se potesse chiarirmi qualche dubbio
sulla compilazione del quadro RW del modello Unico 2014 per le stock option non cedibili per cui e’ terminato il vesting period, ma per le quali non e’ stata esercitata alcuna opzione di acquisto.
Vorrei sapere quali codici usare per il campo 1 (codice titolo possesso) ed il campo 3 (codice individuazione bene). Mi puo’ inoltre confermare che il campo 10 (giorni di possesso) va lasciato in bianco?
La ringrazio per la cortesia.
Scritto il 1-10-2014 alle ore 14:02
Buongiorno,le sarei grato se potesse chiarirmi questo terribile dubbio. nel 2008 ho ceduto una partecipazione societaria in società italiana con un atto notarile stipulato in Italia.Ho pagato tutte le imposte e compilato il quadro rt ecc.Anche il notaio mi dice aver fatto tutte le comunicazioni. L’acquirente è una società estera lussemburghese. il pagamento era rateizzato in due anni. nel 2008 ho incassato solo una parte di quanto previsto a mezzo intermediari italiani (banca). poi non ho ricevuto più nulla con la conseguenza della attivazione dal 2009 di un aspro contenzioso con la società estera presso i tribunali sia locali che italiani.Il contenzioso è tutt’ora in corso e non so se l’esito mi sarà favorevole ed in che misura. Sul credito ancora vantato avrei dovuto compilare il quadro rw dal 2008 in poi? e pagarci anche l’ivafe dal 2011 in poi? in altre parole dal 2008 a tutt’oggi a causa del credito residuo sono detentore di una attività finanziaria all’estero? c’è chi dice di si e ciò mi atterrisce non ritenendo io di aver fatto alcun investimento all’estero e non detenendo, in seguito alla vendita, alcuna disponibilità finanziaria all’estero ma solo un credito in italia. Grazie
Scritto il 22-10-2014 alle ore 11:22
Buongiorno,
su un piano pensione individuale estero indicato sul quadro RW con codice 12 emerge un importo a debito IVAFE.
Vorrei sapere se, nonostante le forme di previdenza siano esenti, tale importo vada comunque pagato in quanto risultante dal modello Unico.
Grazie.
Scritto il 5-8-2015 alle ore 22:32
Buongiorno,
come occorre dichiarare un fondo di previdenza complementare estero nel quadro RW del modello Unico?
Solo per monitoraggio o anche per pagamento imposta IVAFE?
Occorre eventualmente barrare la colonna 18 (attività finanziaria percepita in un successivo periodo) ?
Grazie