11 luglio 2016
Le prestazioni dei fondi pensione esteri nel Modello UNICO
Il caso in cui un residente percepisca da un fondo pensioni o da un’impresa di assicurazione esteri un capitale o una rendita vitalizia è ormai molto diffuso.
Non è, però, ancora facile comprendere quale comportamento fiscale debba essere tenuto.
La prassi sul regime fiscale di quest’operazione è molto frammentaria e le norme che regolano la materia sembrano riferirsi solo ai fondi pensioni e alle altre forme di previdenza complementare italiani, trascurando i proventi di fonte estera.
La fiscalità della previdenza complementare è disciplinata principalmente dalle seguenti norme:
- l’articolo 10, comma 1, lettera e-bis del Testo unico, per quanto riguarda la deducibilità dei contributi alla forma previdenziali;
- l’articolo 50, comma 1, lettera h-bis), 52, comma 1, lettera d) del Testo unico e dagli articoli 11 e 13 del D. Lgs. 252 del 2005 per quanto riguarda le prestazioni definitive erogate dai fondi pensioni o derivanti da contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali, come definiti dall’articolo 50, comma 1, lettera h), secondo periodo, del Testo unico, in forma di rendita;
- l’ articolo 14, commi 4 e 5 del D. Lgs. 252 del 2005, sul caso di riscatto della forma pensionistica complementare;
- l’articolo 17 del D. Lgs. 252 del 2005 che disciplina la tassazione delle forme pensionistiche complementari italiane come soggetti passivi d’imposta, a partire dal 1° gennaio 2006.
Come si è detto, queste disposizioni, paiono tagliate solo sulle forme pensionistiche complementari italiane, trascurando completamente quelle estere. Esse, infatti, prevedono per lo più l’applicazione di imposte sostitutive o ritenute alla fonte a titolo d’imposta che presuppongono che il fondo pensioni (o, nei piani previdenziali gestiti per mezzo di contratti assicurativi, l’impresa d’assicurazione) sia residente.
A ciò va aggiunto che solo per le forme di previdenza complementare italiane è possibile trovare un punto di confine netto rispetto ad altre simili tipologie di reddito soggette ad una diversa tassazione. Ci si riferisce:
- da un lato all’ampia categoria delle rendite vitalizie e rendite a tempo determinato costituite a titolo oneroso non aventi funzione previdenziale di cui all’articolo 50, comma 1, lettera h) del Testo unico, le quali, in base all’articolo 52, comma 1, lettera c) concorrono a formare il redito complessivo del percipiente tassato ordinariamente e senza alcuna deduzione
- e dall’altro a quella dei redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g-quater) del testo unico, soggetti all’imposta sostitutiva, attualmente del 26%, di cui all’articolo 26 ter del Dpr. 600/73 (da liquidare nel quadro RM del modello UNICO, ai sensi dell’articolo 18 del Testo unico, se non applicata da un sostituto d’imposta italiano); imposta sostitutiva che, peraltro, opera solo con riferimento ai contratti assicurativi italiani o a quelli stipulati con imprese estere in libera prestazione di servizi in Italia, con l’effetto che le polizze stipulate con altre imprese estere generano, secondo l’interpretazione prevalente, redditi tassati ordinariamente con aliquota progressiva.
Infatti, l’unica sede in cui sono definite le forme di previdenza complementare è l’articolo 1 del D. Lgs. 252 del 2005 il quale, però, si riferisce esclusivamente alle forme pensionistiche collettive e individuali autorizzate dalla Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione (COVIP).
Una definizione generale potrebbe riscontrarsi nella direttiva 2003/41/CE sull’attività degli enti pensionistici aziendali e professionali. L’articolo 6, comma 1, lettera d) della direttiva definisce le “prestazioni pensionistiche” come «prestazioni liquidate in relazione al raggiungimento o in previsione del raggiungimento del pensionamento oppure, laddove siano complementari rispetto alle prestazioni di cui sopra e fornite su base accessoria, le prestazioni erogate sotto forma di pagamenti in caso di morte, invalidità o cessazione del rapporto di lavoro, nonché le prestazioni erogate sotto forma di sostegni finanziari o servizi in caso di malattia, stato di bisogno o morte”, aggiungendo che «per agevolare la sicurezza finanziaria durante il pensionamento, queste prestazioni vengono solitamente erogate sotto forma di pagamenti a carattere vitalizio. Esse possono tuttavia essere erogate a titolo temporaneo o “una tantum”».
A questo proposito si può dare per pacifico che i soggetti residenti in Italia che aderiscano a forme di previdenza complementare istituite in Paesi Ue abbiano diritto di non essere discriminatati rispetto a quelli che aderiscano a fondi pensioni o altre forme previdenziali italiane. Gli argomenti con i quali la Corte di Giustizia, nella causa C-150/04, ha sancito la prevalenza dei principi della libertà di circolazione del lavoratori, di prestazione dei servizi e di stabilimento in un caso in cui uno Stato membro non ammetteva in deduzione i contributi al forme previdenziali UE mentre ammetteva in deduzione i contributi alle forme previdenziali nazionali, valgono certamente anche nel campo della tassazione delle prestazioni previdenziali.
E’ dubbio il regime delle prestazioni corrisposte dai fondi pensione extra Ue, in quanto, mentre per quelle erogate in forma di rendita pare inevitabile l’applicazione dell’articolo 50, comma 1, lettera h) primo periodo e quindi la tassazione ordinaria, per quelle corrisposte in forma di capitale (anche in sede di riscatto della posizione individuale), se si esclude che rientrino nel campo di applicazione del D. Lgs. 252 del 2007 (in quanto non comprese nella definizione di cui all’articolo 1) si incontrano non poche difficoltà nel dar loro una collocazione fiscale se non nella lettera h) dell’articolo 44, comma 1 del Testo unico, il che potrebbe essere coerente con il fatto che le istruzioni al quadro RW del modello UNICO annoverano le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero (escluse quelle obbligatorie per legge), fra le “attività estere di natura finanziaria” che, a loro volta, sono definite, nelle stesse istruzioni, come «attività da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera». L’applicazione dell’articolo 44, comma 1, lettera h) comporta che il reddito compreso nella prestazione previdenziale concorra a formare l’imponibile complessivo, tassato ad aliquota progressiva. Ma la classificazione contenuta nelle istruzioni al quadro RW appare forzata; probabilmente dovuta alla difficoltà di collocare questo genere contratto (e, a dire il vero, il relativo reddito in altro contesto fiscale). Del resto, ancor prima che venisse modificato l’articolo 19 del Dl. 201 del 2011 per circoscrivere l’applicazione dell’Ivafe ai prodotti finanziari, escludendo le altre attività finanziarie, la circolare 28/E del 2012 precisava espressamente che la previdenza complementare estera non è soggetta a questa imposta; ciò dimostra che l’Agenzia è sempre stata in realtà consapevole che le forme di previdenza complementare estere non sono in realtà “attività finanziarie estere” ossia «attività̀ da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera».
Per le forme previdenziali attuate mediante contratti assicurativi è lo stesso Testo unico che all’articolo 50, comma 1, lettera h) secondo periodo a stabilire il confine fra contratti aventi funzione previdenziale e altri contratti di assicurazione sulla vita. In particolare, quelli a contenuto previdenziale sono i «contratti di assicurazione sulla vita stipulati con imprese autorizzate dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ora Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni, nda.) ad operare nel territorio dello Stato, o quivi operanti in regime di stabilimento o di prestazione di servizi, che non consentano il riscatto della rendita successivamente all’inizio dell’erogazione».
Anche qui si innesta il problema della residenza dell’ente previdenziale: la norma italiana, infatti, inserisce nella definizione di “rendita vitalizia a scopo previdenziale” elementi non solo legati alla natura del contratto, ma anche a quella della controparte, che deve essere, appunto, un’impresa italiana oppure autorizzata ad operare in Italia oppure operante il libera prestazione di servizi, con ciò penalizzando i residenti che aderiscono a forme previdenziali istituite da imprese d’investimento prive di questi requisiti. Le rendite vitalizie percepite da questi soggetti, pur avendo oggettiva natura previdenziale, sono assorbite nella definizione generale di cui all’articolo 50, comma 1, lettera h) e quindi, in base all’52, comma 1, lettera c) concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile del percipiente soggetto a tassazione ordinaria, senza alcuna deduzione. Ma in questo caso la tassazione ordinaria dei proventi periodici potrebbe essere derivata da una scelta consapevole del legislatore trovando una corrispondenza nell’analogo trattamento dei contratti assicurativi non aventi contenuto previdenziale stipulati con imprese estere non in libera prestazione di servizi, per i quali non opera l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 26-ter del Dpr. 600 e per i quali, quindi, anche i redditi compresi nelle prestazioni in forma di capitale e non solo quelli corrisposti in forma di rendita concorrono all’imponibile complessivo tassato ordinariamente.
Dall’esame complessivo delle norme citate si dovrebbe concludere che le prestazioni in forma di rendite o di capitale erogate da forme pensionistiche con sede fuori dall’Unione europea debbano, in linea generale concorrere alla formazione del reddito complessivo imponibile tassato ad aliquota progressiva o in base all’articolo 44, comma 1, lettera h del Testo unico o in base all’articolo 50, comma 1, lettera h) del Testo unico. Ma, come si vedrà in seguito, esiste una pronuncia dell’Agenzia delle entrate (DRE della Lombardia, prot. (prot. 2004/66566) che attenua il rischio di discriminazione dei contribuenti che abbiano aderito a forme di previdenza complementare extraue rispetto agli altri, anche se applicando per analogia una disciplina (quella dei prodotti finanziario-assicurativi) che non riguarda le forme previdenziali.
Nel vuoto normativo che si è venuto a creare, si tratta comunque di capire come la normativa italiana possa essere concretamente applicata alle forme pensionistiche gestite da enti dell’Unione europea.
E’ quindi necessario, in primo luogo, fare una breve sintesi del regime fiscale delle forme previdenziali italiane.
1. Regime fiscale delle forme pensionistiche complementari italiane
1.1. Deducibilità dei Contributi
L’articolo 10 , comma 1, lettera e-bis), del Testo unico, riguarda i contributi versati a forme pensionistiche complementari, i quali sono ammessi in deduzione dal reddito complessivo del contribuente per un importo non superiore ad euro 5.164,57, all’anno. Lo stesso diritto spetta per i contributi versati a forme pensionistiche complementari istituite presso gli Stati membri dell’Unione Europea e presso gli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazione, equiparando, fiscalmente, i contributi versati ai fondi pensione esteri sopra menzionati, a quelli italiani. La disposizione si è resa necessaria – spiega la circolare 70/E del 2007, par. 2.6 – per allineare la normativa interna a quella comunitaria, ponendo così fine al contenzioso in essere con la Corte di Giustizia della Comunità Europea” in relazione alla procedura di infrazione n. 2002/2291 ex art. 226 del Trattato. Circa i requisiti che devono ricorrere in capo alle forme pensionistiche complementari istituite in ambito comunitario per l’applicazione del beneficio fiscale, si ritiene che in assenza di espresse indicazioni normative, debba farsi riferimento alla direttiva 2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali.
1.2. Prestazioni previdenziali
Le altre norme citate riguardano le prestazioni erogate dall’istituto pensionistico.
1.2.1. Tassazione dei fondi pensione e delle altre forme previdenza integrativa
L’articolo 17 dispone che i fondi pensione e le altre forme di previdenza integrativa sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 20 per cento, che si applica sul risultato netto maturato in ciascun periodo d’imposta determinato con specifiche regole (v. circolare 2/E del 2015); L’imposta sostitutiva è stata dell’11% per i redditi maturati dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2014. I redditi maturati prima del 2006 non erano tassati in capo al fondo.
1.2.2. Tassazione del soggetto aderente al fondo pensione
1.2.2.1. Prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale o di rendita
Come evidenziato dalla circolare 70/E del 2007, par. 4.1 mentre fino al 2006 il regime fiscale prestazioni previdenziali si differenziava in funzione della tipologia di prestazione erogata (capitale o rendita) ora è previsto un unico regime di tassazione.
L’unica differenza è che quando la prestazione – sia essa erogata da un fondo pensioni o da una società di assicurazione in relazione ad un contratto assicurativo a avente funzione previdenziale di cui all’articolo 50, comma 1, lettera h), secondo periodo del Testo unico – è che una parte della rendita imponibile in capo al pensionato è tassabile nell’ambito dei redditi di natura finanziaria di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g-quinquies) del testo unico. I redditi di cui alla lettera g-quinquies sono costituiti dalla differenza fra l’importo di ciascuna rata di prestazione erogata e quello della corrispondente rata calcolata senza tener conto dei rendimenti finanziari (art. 45, comma 4-ter del testo unico; circolare 70/E del 2007, par. 4.1.1). Questa parte di redditi (corrispondente al rendimento maturato sulla posizione individuale dall’insorgere del diritto alla prestazione al momento di erogazione di ciascuna rata di rendita) è tassata con l’aliquota del 12,50 per cento per la parte dei redditi maturati fino al 31 dicembre 2011, del 20 per cento per la parte dei redditi maturati dal 1° gennaio 2012 fino al 30 giugno 2014 e del 26 per cento sui redditi maturati a partire dal 1° luglio 2014 (v. istruzioni al modello 770 ordinario, quadro SG). La lettera g-quinquies), come si è detto, si applica sia alle rendite erogate dai fondi pensioni, sia a quelle erogate in relazione a contratti di assicurazione sulla vita con funzione previdenziale.
Ciò permesso, il comma 6 dell’articolo 11 dispone che:
- le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta (si intende l’imposta sostitutiva del 20% pagata dal fondo pensioni per maturazione, al netto dell’imposta stessa, come precisato dalla circolare 70/E del 2007, par. 4.1);
- le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto:
- dell’ammontare della prestazione corrispondente ai contributi non dedotti, che non va in ogni caso assoggettata a tassazione, in quanto, in via di principio, è prevista la sola tassazione delle prestazioni riferibili alle somme che hanno goduto della deducibilità fiscale durante la fase di costituzione della prestazione stessa;
- della parte corrispondente ai redditi già assoggettati all’ imposta sostitutiva del 20% in capo alla forma previdenziale;
- di quelli di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1 dell’articolo 44 del TUIR, se determinabili
Sempre il comma 6 dispone che sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione al fondo pensioni con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali.
1.2.2.2 Riscatti della posizione individuale
Con riferimento ai riscatti, l’articolo 14 del decreto stabilisce che l’iscritto può esercitare:
- il riscatto parziale, nella misura del 50 per cento della posizione individuale maturata, in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria;
- il riscatto totale della posizione individuale maturata, in caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi. Tale facoltà non può essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari. In questi casi si applicano le disposizioni di cui all’articolo 11, comma 4, che prevedono la facoltà di accedere anticipatamente alla prestazione pensionistica;
In caso di morte dell’aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai beneficiari designati dall’iscritto.
Anche in queste ipotesi è prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 15 per cento sull’importo erogato al netto dei redditi già assoggettati ad imposta nonché dei contributi non dedotti (ad esso proporzionalmente riferibili). L’aliquota del 15 per cento è ridotta progressivamente fino al 9 per cento, in ragione dello 0,30 per cento per ogni anno di partecipazione successivo al quindicesimo, con un limite massimo di riduzione di sei punti percentuali.
In caso di riscatto per cause diverse da quelle sopra indicate, è prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 23 per cento (articolo 14, comma 5, del decreto).
La circolare 70/E del 2007, par. 4.4 riferisce che in ordine all’individuazione delle predette “cause diverse”, secondo la COVIP può farsi riferimento alle cause già previste dagli statuti e dai regolamenti in relazione alla perdita dei requisiti di partecipazione al fondo (che possono anche essere svincolate dalla esistenza di successivi periodi minimi di inoccupazione).
1.3. Regime transitorio
Questo complesso regime riguarda la deducibilità dei contributi e la tassazione delle prestazioni decorrere dal 1° gennaio 2006. Per le prestazioni corrispondenti ai montanti maturati prima di tale data, si rendono applicabili le disposizioni pro-tempore vigenti in relazione al periodo di maturazione (art. 23, comma 5 del D. Lgs. 252 del 2005 e circolare 70/E del 2007, par. 5).
In particolare, con riferimento alle prestazioni definitive erogate in forma di capitale, il par. 5.1 della circolare precisa che:
- all’ammontare maturato fino al 31 dicembre 2000 si applicano le disposizioni previgenti, sulla base delle indicazioni contenute nella circolare n. 235/E del 1998 e nella circolare n. 14 del 1986;
- all’ammontare maturato dal 1° gennaio 2001 fino al 31 dicembre 2006 si applicano le disposizioni previgenti, sulla base delle indicazioni contenute nella circolare n. 29/E del 2001 e nella circolare n. 78/E del 2001;
- all’ammontare maturato dal 1° gennaio 2007 si applicano le disposizioni sopra illustrate.
L’importo da erogare complessivamente in forma di capitale può essere imputato, a scelta dell’iscritto, in parte o tutto all’importo indicato sub 1 o in quello indicato sub 2. Solo ove l’importo da erogare in capitale sia eccedente la somma dei montanti maturati fino al 31 dicembre 2006, l’eccedenza va imputata al montante tassato secondo le regole vigenti.
Con riferimento ai riscatti, il par. 5.3 della circolare 70/E ricorda che fino al 31 dicembre 2006 la disciplina fiscale operava una distinzione relativamente al trattamento fiscale del riscatto, in ragione delle motivazioni che lo avevano generato. Per le somme accantonate dal 2001, l’articolo 20 del TUIR prevedeva la tassazione separata in caso di riscatto esercitato a seguito di pensionamento o di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, quali, ad esempio, il licenziamento derivante dal dissesto finanziario del datore di lavoro, dal fallimento o da altra procedura concorsuale.
Il riscatto della posizione individuale, esercitato per motivi diversi dalle predette cause era tassato a norma dell’articolo 52, comma 1, lettera d-ter), del TUIR (nella formulazione vigente fino al 2006) con l’aliquota progressiva, facendo concorrere le somme maturate dal 2001 al reddito complessivo. Pertanto, fermo restando che a decorrere dal 1° gennaio 2007 i riscatti devono essere richiesti secondo la disciplina vigente a decorrere dalla medesima data, la tassazione degli stessi deve essere effettuata nel rispetto del regime transitorio previsto dall’articolo 23, comma 5, del decreto, secondo il quale, “ai montanti delle prestazioni accumulate fino” al 2006 “continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti…”.
Pertanto, con riferimento al montante maturato dal 2001 al 2006, al fine di stabilire se applicare la tassazione separata ovvero quella progressiva, è necessario verificare se le cause che hanno determinato il riscatto rientrano tra quelle previste dall’articolo 20 (tassazione separata) ovvero dall’articolo 52 comma 1, lettera d- ter), del TUIR (tassazione progressiva).
Per quanto riguarda, infine le prestazioni definitive erogate in forma di rendita, il par. 5.5. della circolare individua la quota imponibile corrispondente al montante maturato fino al 31 dicembre 2000, che concorre a formare il reddito complessivo nella misura dell’87,5 e la quota imponibile corrispondente al montante maturato dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 tassato ordinariamente, come reddito assimilato al lavoro dipendente.
2. La scarsa prassi amministrativa sui proventi dei fondi pensione esteri
La prassi in materia di proventi dei fondi pensioni esteri è estremamente scarsa e priva di sistematicità.
Trattandosi di prestazioni pensionistiche che di norma non derivano da attività d lavoro presso pubbliche amministrazioni, le convenzioni contro le doppie imposizioni non sono d’aiuto. Di norma infatti le prestazioni sono tassate nello stato di residenza del percipiente ed esenti nello Stato della fonte; a volte si verificano fenomeni di tassazione concorrente con il credito d’imposta.
Viene frequentemente citata una nota della DRE della Lombardia (prot. 2004/66566) riguardante il secondo pilastro svizzero. Si tratta di una forma di previdenza obbligatoria attuata in forma assicurativa. La DRE ha ritenuto che i capitali percepiti in relazione a questa forma previdenziale debbano essere tassati con le regole italiane sui contratti di assicurazione sulla vita di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g-quater) del Testo unico: tassazione del provento conseguito con l’imposta sostitutiva vigente in relazione a ciascun periodo di maturazione del reddito: ossia del 12,50 per cento per la parte dei redditi maturati fino al 31 dicembre 2011, del 20 per cento per la parte dei redditi maturati dal 1° gennaio 2012 fino al 30 giugno 2014 e del 26 per cento sui redditi maturati a partire dal 1° luglio 2014; tassazione in ogni caso al 12,5% della parte di provento corrispondente alla quota di capitale investito dall’assicurazione in titoli pubblici ed equiparati italiani ed esteri (v. articolo 26 ter del Dpr 600 del 1973 e articolo 18 del Testo unico nonché circolare 11/E del 2012, par. 10, circolare 41/E del 2012, par. 2; 19/E del 2014, par. 4).
Da notare che la nota riguarda una prestazione erogata da un ente non appartenente alla UE e quindi pare superare la distinzione fra le forme di previdenza integrativa gestite nella UE e quelle extraue.
Quella proposta nella nota della DRE Lombardia è una soluzione pratica, ma che trascura la differenza fra i prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione di cui all’articolo 1, comma 1 lettera w-bis) del testo unico della finanza e le forme di previdenza complementare gestite dalle imprese di assicurazione il cui trattamento fiscale è regolato dal citato D. Lgs. 252 del 2005.
Nelle risposte della DRE Lombardia nell’ambito dell’Osservatorio Regionale sulla voluntary disclosure, pubblicate il 28 maggio, con riferimento al terzo pilastro svizzero (una forma di previdenza complementare su base volontaria), si afferma che “appare corretta – in via analogica – applicare la medesima tassazione prevista per i redditi maturati dai fondi complementari italiani (applicazione dell’imposta sostitutiva, pari all’ 11%, sui rendimenti annui fino al 2014)”, facendo intendere che la tassazione debba avvenire per maturazione. La risposta, però, non considera che la tassazione in parola è applicata nei confronti del fondo pensione e non dei suoi aderenti e che nel periodo di maturazione l’aderente potrebbe non disporre dei fondi necessari per pagare le imposte dato che non percepisce alcun reddito; inoltre trascura il fatto che per i fondi italiani è prevista un’ulteriore tassazione, al momento dell’erogazione del capitale nella misura del 15% o del 23% a secondo dei casi (si veda sopra) sull’eventuale eccedenza percepita in eccedenza rispetto a quanto già tassato in capo al fondo o ai contributi versati e non dedotti dall’aderente al fondo; infine è trascurato il caso in cui la prestazione sia erogata in forma di rendita.
Il principio dell’assimilazione dei fondi pensioni esteri (peraltro senza distinzione fra fondi Ue ed extrue) a quelli italiani è però un buon punto di partenza.
Nessuna indicazione poi proviene dalle istruzioni al modello UNICO. Le istruzioni al quadro RC si limitano a trattare i casi particolari in cui le somme percepite dal contribuente concorrono alla formazione del suo reddito complessivo imponibile; il che accade in relazione:
- ai trattamenti periodici integrativi per la parte corrispondente a montanti maturati fino al 31 dicembre 2006 (con base imponibile ridotta all’87,5% in determinati casi);
- ai capitali ricevuti nel caso di riscatto (art. 14, del D.Lgs. n. 252 del 2005) che non dipenda dal pensionamento dell’iscritto o dalla cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o altre cause non riconducibili alla volontà delle parti (riscatto volontario), per la parte di montante maturata dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006.
Le istruzioni al quadro RW, che però non sono utili ai fini della determinazione dell’Irpef, precisano che nel quadro devono essere indicate le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società̀ ed enti di diritto estero, escluse quelle obbligatorie per legge; in par. 2.2 della circolare 28/E del 2012 ribadisce comunque che le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero non sono soggette all’IVAFE.
3. Possibili soluzioni operative
Date le evidenti lacune esistenti sia sul piano legislativo sia su quello interpretativo, i contribuenti residenti in Italia che allo stato attuale si trovano nella condizione di avere i requisiti per ottenere una prestazione previdenziale (in forma di capitale o rendita) da un fondo pensioni estero oppure che hanno riscattato la propria posizione individuale non sanno come operare.
Una prima soluzione pratica consiste nell’applicare a livello generale le indicazioni fornite dalla DRE della Lombardia nella citata nota del 2004 e quindi trattare i capitali o rendite ricevute come se derivassero da un contratto di assicurazione sulla vita prescindendo dal fatto che le prestazioni previdenziali non siano erogate da una società di assicurazione (e trascurando che la prestazione non deriva da un investimento finanziario, ma da un piano previdenziale).
Questa scelta comporta l’applicazione delle istruzioni contenute fra l’altro nella circolare 11/E del 2012, par. 10.4 e 19/E del 2014, par. 4, in quanto il reddito non è tassato secondo le regole applicabili alla previdenza integrativa, ma secondo quelle riferibili ai redditi di natura finanziaria. Da notare che qualora la prestazione consistesse in una rendita vitalizia troverebbe applicazione l’articolo 44, comma 1, lettera g-quinquies del Testo unico e quindi i rendimenti della posizione individuale maturati fra la data dell’insorgere del diritto e quello del pagamento della prestazione periodica sarebbero tassati come redditi di capitale.
Il pregio di questa soluzione sta nella possibilità di gestirla in modo semplice mediante la compilazione del quadro RM del modello UNICO, utilizzando il codice “E”.
Il difetto è di essere una soluzione priva di un reale fondamento normativo per vari motivi:
- non tiene conto del fatto che i redditi di cui si sta parlando derivano da una forma di previdenza complementare e non da un investimento finanziario; l’assimilazione penalizza il caso in cui la prestazione sia erogata in forma di rendita (dato che non troverebbe applicazione l’articolo 26 ter del Dpr. 600/73 e quindi si applicherebbero le norme residuali di cui all’articolo 50, comma 1, lettera h e 44, comma 1, lettera g-ter); penalizza anche l’erogazione in forma di capitale perché non si applicherebbero le ritenute ridotte del 15% e 23% di cui agli articoli 11 e 14 del D. Lgs. 252 del 2005.
- applica un imposta sostitutiva che il legislatore ammette solo per i redditi corrisposti da imprese di assicurazione in regime di libera prestazione di servizi anche a redditi corrisposti da imprese (o fondi pensione) non in libera prestazione di servizi
Una seconda soluzione è quella di applicare le norme sulla previdenza integrativa del Testo unico e del D. Lgs. 252 che, per la loro genericità, si prestano ad avere valenza sia per i redditi di fonte italiana sia per i redditi di fonte estera, tenendo conto del principio fondamentale secondo cui la discriminazione dei residenti in Italia che abbiano aderito a forme di previdenza integrativa di enti residenti in Stati UE sarebbe in contrasto con i principi di libertà di circolazione dei lavoratori, dei servizi e di libertà di stabilimento.
Secondo questo approccio:
- quando la gestione del piano pensionistico (definito con i criteri all’articolo 6, comma 1 lettera d) della direttiva 2003/41/CE citato) sia affidato ad una società o ente appartenente alla UE:
- si dovrebbero tassare le prestazioni previdenziali corrisposte in forma di capitale (sia le prestazioni definitive sia i proventi dei riscatti anticipati) assoggettando la differenza fra il capitale percepito e la parte che non sia stata dedotta ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis) del Testo unico all’imposta del 15% o del 23% a secondo del fatto che sia applicabile all’articolo 11 o all’articolo 14 del D. Lgs. 252 del 2005; tutto il rendimento sarebbe quindi tassato con queste aliquote, senza applicare l’articolo 17 del D. Lgs. 252 (tassazione dei risultati di gestione prodotti dal fondo all’11% fino al 2014 e al 20% a partire dal 2015) il quale riguarda letteralmente solo la tassazione dei fondi di previdenza italiani trattati come soggetti passivi in proprio.
- Quanto alle prestazioni corrisposte in forma di rendita dovrebbero essere trattate come le corrispondenti prestazioni italiane. I rendimenti compresi nelle prestazioni suddette, verrebbero quindi tassati applicando i citati articoli 11 e 14 del D. Lgs. 252 del 2005 oltre che l’articolo 44, comma 1, lettera g-quinquies) del Testo unico e senza applicare l’articolo 11, sulla tassazione in capo alla forma di previdenza complementare. Alle prestazioni di altro tipo si applicherebbe la generica disciplina delle rendite vitalizie costituite a titolo oneroso d cui all’articolo 50 comma 1, lettera h, che comporta la tassazione integrale del reddito a tassazione ordinaria.
L’ostacolo pratico di questa soluzione è dato dalla modulistica. Nel modello UNICO PF non vi sono righi in cui si possa indicare un reddito assoggettabile ad un’imposta del 15% o del 23% se non nel quadro RM, con utilizzo del codice residuale “I”; ma si tratta di una soluzione solo di ripiego, perché i redditi in discussione non sono redditi di natura finanziaria e non rientrano fra quelli di cui all’articolo 18 del Testo unico.
- quando la gestione del piano pensionistico sia affidato ad una società o ente non appartenente alla UE, sia le prestazioni corrisposte in forma di capitale, sia quelle corrisposte in forma di rendita dovrebbero essere tassate ad aliquota progressiva, a meno che – per le prestazioni erogate in forma di capitale – si aderisca all’orientamento contenuto nella prassi di cui si è riferito nel precedente par. 2, basandosi anche sulla premessa – valida alche se, come pare ritenere l’agenzia, queste forme di previdenza costituiscono impiego di capitali, il principio di libertà dei movimenti di capitali (che incorpora il diritto dei residenti di non essere discriminati fiscalmente in funzione del luogo in cui fanno i loro investimenti) opera non solo per gli investimenti fatti in Europa, ma anche nel resto del mondo
Scritto il 3-6-2017 alle ore 19:56
La ringrazio per questo post interessantissimo e molto approfondito.
Ora ho 38 anni e c’è da presumere che la regolamentazione fiscale cambierà diverse volte prima che vada in pensione io. Una domanda, comunque: quando si riferisce a “società o ente non appartenente alla UE” nell’ultimo paragrafo, lei ritiene che in virtù degli accordi bilaterali e commerciali la Svizzera sia da considerare al pari dei Paesi UE o extra-UE? Da agosto 2016 la Svizzera è infatti entrata nella c.d. White List.
Grazie
Scritto il 9-6-2017 alle ore 12:21
articolo eccellente!
Scritto il 9-7-2017 alle ore 20:25
La Svizzera, dall’agosto del 2016, è compresa nella white list di cui al Dm 4 settembre 1996in quanto attua lo scambio di informazioni rafforzato su richiesta delle autorità italiane con modalità conformi all’articolo 26 del Modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni. Sotto questo aspetto, la “libertà dei movimenti di capitale” sancita dall’articolo 63 del Trattato sul funzionamento della UE comporta che gli investimenti in Svizzera, come gli altri Paesi extraue che consento lo scambio d’informazioni, non devono essere discriminati rispetto agli investimenti fatti in europa (v. da ultimo, Corte di Giustizia C-317/15).
La previdenza complementare, però, non fa parte degli investimenti di capitale (v. Direttiva 88/361/CE).
E in effetti, la giurisprudenza della Corte che si è occupata di previdenza complementare ha inquadrato la tematica nell’ambito della “libertà di circolazione dei lavoratori” (v. citata sentenza della Corte di Giustizia, nella causa C-150/04).
La mia preoccupazione, quindi, è che quando l’ente previdenziale non sia residente nella UE non si possa far valere, in mancanza di una precisa legislazione interna, il diritto comunitario.
La citata nota della DRE della Lombardia (prot. 2004/66566) – molto pragmaticamente – assimila i proventi previdenziali di fonte svizzera erogati in forma di capitali a quelli delle polizze vita non aventi contenuto previdenziale (rami I e III), trascurando del tutto la distinzione fra le due tipologie di contratto.
Per quello che risulta, comunque, la soluzione adottata dalla DRE Lombardia è considerata, in genere, assolutamente valida, anche se non garantisce una totale equiparazione della tassazione delle prestazioni erogate dagli enti svizzeri a quella dei proventi erogati da enti italiani. Ha almeno il pregio di evitare che un “capitale” sia soggetto a tassazione progressiva.
Scritto il 24-7-2017 alle ore 17:28
Buonasera Dottor Piazza,
ho letto il suo contributo;
come trattare (a suo parere e se possibile) ai fini della compilazione del modello RedditiPf 2017 un prelievo/ritiro fatto nel 2016 da un I.R.A. (Individual Retirement Account” (ereditato) americano?
Ai fini del Quadro RW in considerazione della natura (previdenza complementare) dell’attività detenuta all’estero, le consistenze del fondo sono da esporre ma da non assoggettare ad IVAFE;
ho diverse perplessità ai fini dei quadri RM/RT (RL).
Scritto il 9-9-2017 alle ore 17:52
Dr. Piazza ,
molto interessante questo approfondimento sulla tassazione dei fondi pensionistici esteri!
Non nascondo che la prima soluzione pratica , offerta nel paragrafo No. 3 delle possibili soluzioni operative per fondi pensionistici fuori dalla UE, e’ la più allettante dal punto di vista della tassazione per persone con doppia cittadinanza USA e Italia e che intendano trasferire la loro residedenza in Italia , avendo da gestire fondi pensionistici IRA e Roth IRA.
Credo anche di avere capito come operare coi moduli RW , RM e RT , ma penso che mi convenga approfondire il caso specifico assieme a lei in privata sede tenendo anche conto della tassIone USA di questi fondi e dei crediti associati in accordo alla convenzione Italia USA. La contattero’ direttamente
grazie ancora.
Scritto il 4-12-2017 alle ore 12:56
Mio padre(fù) ha detto che era un fondoUSA x pensionati USA-Dopo 20 anni la banca stanca di gestire 4rimesse da 0,x$ mi ha dato in mano il fondo (30A fa)-ho scritto xcapitalizzare i rendimenti e da allora ho ricevuto solo doc. loro A/Vendite+Valori +- delle quote e relative tassazioni USA. 2015 ho chiuso e il CAF ha emesso UNICO. 2016 ho ricevuto assegno = 5.000ca€ con doc. di conferma chiusura Dic. 2015 senza transazioni e stesso valore e qta del 2015. Il CAF mi chiede il 26% +++ ecc. x incasso 2016. X fondo che è nato 50/60 anni fa dove non so ne ho doc. oltre 15Anni. Mi sembra tassazione assurda. Chiedo consiglio e se fattibile aiuto.
Scritto il 12-4-2019 alle ore 23:32
Grande articolo sui fondi pensionistici anche extra ue..ma come lei tasserebbe un ira accumulato in america da parte di un italoamericano che alla cessazione dell attivita torna ad essere residente italiano e preleva nel frattempo tutto il caplitale?grazie