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Postilla » Fisco » Il Blog di Marco Piazza » Commercio e fiscalità internazionale » Voluntary bis: Panama e Bermuda senza raddoppio?

10 gennaio 2017

Voluntary bis: Panama e Bermuda senza raddoppio?

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Dalla voluntary bis il fisco si aspetta un gettito di 2 miliardi, circa due terzi di quello fruttato dalla prima voluntary.

Poiché le circa 130 mila istanze presentate nel 2015 hanno fatto emergere la quasi totalità delle relazioni detenute presso le principali banche svizzere di Montecarlo e di San  Marino – che sono state molto attive nello spingere la clientela verso la disclosure – vi è da ritenere che si punti ai capitali detenuti  in Stati più esotici.

A questo proposito si deve notare che in molti casi la voluntary bis potrebbe risultare molto meno onerosa della prima edizione.

Come è noto, infatti, il raddoppio dei termini d’accertamento e il raddoppio delle sanzioni non opera  se le attività erano detenute in Paesi che abbiano con l’Italia un accordo per l’efficace scambio d’informazioni entrato in vigore entro il 24 ottobre 2016 (Cipro, Corea del Sud, Ecuador, Emirati Arabi Uniti, Filippine, Gibilterra, Balailato di Guernsey [Guernsey, Herm e Alderney], Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Jersey, Libano, Lussemburgo, Malaysia, Malta, Maurizio, Oman, San Marino, Singapore, Svizzera, Taiwan) o firmato entro il 2 marzo 2015, (caso di Monaco e Liechtenstein) sempreché le attività siano rimpatriate in Italia (anche mediante amministrazione fiduciaria con o senza intestazione) o in Stati Ue o SEE oppure in Paesi dell’OCSE che non hanno posto riserve alla possibilità di scambiare informazioni bancarie o, infine, il contribuente abbia rilasciato il waiver all’intermediario finanziario estero (si veda anche la circolare 27/E del 2015, par. 6.3).

Molti degli Stati elencati (Gibilterra, Balailato di Guernsey , Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Jersey e Taiwan) nella prima edizione della voluntary hanno scontato il raddoppio dei termini d’accertamento e delle sanzioni perché l’accordo, anche se firmato non era ancora in vigore. Chi ha aspettato la voluntary bis è stato fortunato.

Le istruzioni al modello di richiesta di accesso alla procedura di voluntary bis sembrano inoltre consentire il regime di favore anche per i Paesi il cui accordo sia stato stipulato entro il 24 ottobre 2016 anche se non ancora entrato in vigore a tale data. Il regime di favore potrebbe riguardare, quindi,  anche Andorra, Barbados, Bermuda, Costa Rica e Panama i cui accordi sono già stati firmati, in alcuni casi sono stati ratificati, ma non sono ancora in vigore.

Una situazione non chiara è quella di Angola, Giamaica, Kenia e Portorico, Stati non inclusi nella black list di cui al Dm.  4 maggio 1999 e cancellati dalla black list di cui al Dm. 21 novembre 2001 (art. 3) con il Dm. 30 marzo 2015. Infatti, la circolare 27/E del 2015, par. 5.3 ha fra l’altro sancito che la disciplina di favore può trovare applicazione anche nel caso di detenzione in Paesi eliminati dall’elenco di quelli considerati Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato. E’ dubbio però che alla soppressione dell’articolo 3 del Dm. 21 novembre 2001 si debba dare il significato della volontà dell’amministrazione di non considerare più paradisi fiscali questi Paesi. In realtà la soppressione è derivata dal fatto che l’individuazione dei cosiddetti “regimi speciali” doveva essere individuata con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate che non fu mai emanato; l’Agenzia ha allora chiarito (circolare 35/E del 2015, pag.17) che l’esistenza di eventuali regimi speciali doveva essere appurata dai contribuenti caso per caso.

Vi sono, infine, Stati che – pur non avendo con l’Italia accordi per lo scambio d’informazioni su richiesta conformi all’articolo 26 del modello OCSE – aderiscono alla convenzione di Strasburgo sull’assistenza amministrativa in materia fiscale e si sono impegnati a partecipare al Common Reporting Standard (Anguilla; Antille Olandesi; Aruba; Belize, Isole Vergini Britanniche; Monserrat; Seychelles; Turks e Caicos). Come tali, figurano nella nuova white list italiana (Dm. 4 settembre 1996). Ma, salvo diversi espressi chiarimenti dell’Agenzia, questi Paesi non dovrebbero beneficiare della disciplina di favore, proprio per il fatto che non hanno con l’Italia una convenzione conforme all’articolo 26 del modello OCSE.

La questione è complessa e si auspica che l’Agenzia fornisca presto una chiave di lettura definitiva.

 

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