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Postilla » Fisco » Il Blog di Marco Piazza » Commercio e fiscalità internazionale » Maltrattate le partecipazioni non qualificate in società estere

19 settembre 2017

Maltrattate le partecipazioni non qualificate in società estere

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E’ sempre più evidente il maltrattamento delle persone fisiche residenti in Italia che detengono partecipazioni non qualificate in società non residenti.

Per partecipazioni non qualificate si intendono quelle che rappresentano un capitale non superiore al 25% (5% se si tratta di società con azioni negoziate in mercati regolamentati) o diritti di voto in assemblea ordinaria non superiori al 20% (2%  se si tratta di società con azioni negoziate in mercati regolamentati).

Per le persone fisiche residenti in Italia, gli utili relativi a partecipazioni non qualificate, percepiti al di fuori dell’esercizio d’impresa sono soggetti ad un’imposta sostitutiva o una ritenuta d’imposta del 26%; non è possibile, neppure per opzione,  indicarli nella dichiarazione dei redditi, facendoli concorrere al reddito complessivo imponibile. Se la società partecipata è residente all’estero possono verificarsi diversi scenari:

1) in primo luogo occorre verificare se gli utili non sano già stati assoggettati a tassazione separata per trasparenza in base all’articolo 167, comma 1 del Testo unico (disciplina delle società estere controllate – CFC); può essere accaduto nel caso in cui la persona, pur essendo un socio non qualificato faccia parte di un nucleo familiare che controlla la società estera e questa sia localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata. In questo caso l’utile non sconta ulteriori imposte al momento della distribuzione. Una società è a fiscalità privilegiata se è residente in uno Stato la cui aliquota nominale di imposta sulle società è inferiore alla metà dell’imposta italiana, considerando l’Ires e l’Irap (quindi inferiore al 13,95%), oppure la società stessa gode di un regime fiscale speciale, da verificare caso per caso seguendo le indicazioni della circolare 35/E del 2016 e della circolare Assonime 17 di quest’anno.

2) Se l’utile non è già stato assoggettato al regime CFC, occorre verificare se l’utile comunque “proviene”  da una società a fiscalità  privilegiata. L’utile proviene da una società a fiscalità privilegiata  se il socio detiene una partecipazione diretta in questa società oppure una partecipazione di controllo in una società che detiene partecipazioni nella società a fiscalità privilegiata. Se l’utile proviene da una società a fiscalità privilegiata,  concorre a formare il reddito complessivo imponibile del socio nella misura del 100% a meno che il dividendo sia corrisposto da una società con azioni negoziate in mercati regolamentati.

3) Se l’utile non è già stato tassato per trasparenza nell’ambito della disciplina CFC e se non “proviene” da una società a fiscalità privilegiata, sconta la ritenuta d’ingresso a titolo d’imposta del 26%. Tale ritenuta è operata dalla banca, o altro intermediario, che interviene nella riscossione del provento. La ritenuta è applicata  sul cosiddetto “netto frontiera” ossia sul dividendo effettivamente percepito, che è al netto delle eventuali ritenute operate all’estero sul dividendo stesso . Se, invece, nella riscossione del dividendo non interviene un intermediario residente, il socio lo deve indicare nel quadro RM della dichiarazione dei redditi assoggettandolo all’imposta sostitutiva del 26%, ma in questo caso, secondo le istruzioni, il dividendo imponibile si assume al lordo e non al netto della ritenuta estera. E’ quindi chiaro che il dividendo estero derivante da una partecipazione non qualificata è estremamente penalizzato perché non può beneficiare di alcuna forma di attenuazione della doppia imposizione economica (prevista, invece, se la partecipazione è qualificata) e subisce una doppia imposizione giuridica perché la ritenuta estera non è scomputabile dalle imposte italiane e, solo nel caso di intervento di un intermediario finanziario nella riscossione del provento, è deducibile dall’imponibile della ritenuta del 26%. Il socio di una società non residente, la quale sia del tutto esente, localmente,  da imposte sulle società, ma che applichi una ritenuta sui dividendi in uscita (di norma non superiore al 15%, prevista dalla maggioranza dei trattati contro le doppie imposizioni) sconta, in Italia, una tassazione pari all’Irpef progressiva sull’intero dividendo oltre alle addizionali, ma neutralizza integralmente la ritenuta sui dividendi esteri grazie al tax credit. Quindi l’ammontare complessivo d’imposte che direttamente o indirettamente il socio italiano paga sulla sua quota di reddito lordo prodotto dalla società estera non supererà il 45 – 46%.

Si tratta di una tassazione allineata con quella di un lavoratore dipendente o autonomo.

Il socio non qualificato di una società estera a tassazione ordinaria, però, paga di più. L’imposta secca del 26% sul “netto frontiera”, infatti, in tutti i casi in cui l’imposta sulle società nello stato estero supera il 14,10%, a parità di ritenuta sui dividendi (15%),  è sempre più onerosa della tassazione integrale del dividendo con Irpef al 43% e addizionali al 3% circa, ma con diritto al recupero integrale della ritenuta sui dividendi pagata all’estero. E se l’imposta sulle società all’estero è – come a volte accade – del 40% l’ammontare complessivo d’imposte che direttamente o indirettamente il socio italiano paga sulla sua quota di reddito lordo prodotto dalla società estera arriva a superare il 62%.

C’è evidentemente qualcosa che non va nel sistema. Dovrebbe essere reintrodotta la possibilità di optare per la tassazione ordinaria come era previsto prima della Riforma fiscale del 2003.

Per simulare qualche conteggio di veda il foglio elettronico allegato.

Letture: 5028 | Commenti: 2 |
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2 Commenti a “Maltrattate le partecipazioni non qualificate in società estere”

  1. Giacomo D'Angelo scrive:
    Scritto il 11-7-2018 alle ore 11:49

    … e il problema ora è esteso anche alle partecipazioni qualificate, se ben coordino il ragionamento con le ultime novità in tema di dividendi!

  2. Marco Piazza scrive:
    Scritto il 30-7-2018 alle ore 19:46

    Vero!

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  • abuso del diritto, Agenzia Entrate, attività all'estero, azioni, C-525/11, Cassazione 7080 2012, Cassazione 32091 2013, CFC, circolare Agenzia Entrate 28/E 2012, commercio internazionale, dividendi, Dpr. 642/72; fiduciarie, evasione fiscale, fiscalità internazionale, fondazioni, holding CFC socio persona fisica, imposta di bollo, imposta patrimoniale, IMU, indicatori anomalie professionisti, intermediari finanziari, IVAFE, iva intracomunitaria, IVIE, Mednis, modulo RW, operazioni sospette, partecipazioni, provvedimento 5 giugno 2012, quadro RW, quote di srl, reati tributari, regolarizzazione, residenza fiscale, riciclaggio, rimborsi Iva, rimpatrio, scudo fiscale, società, società a ristretta base familiare, società controllate estere, sostituto d'imposta, stabile organizzazione, trust, voluntary disclosure
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