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Il Blog di Marco Piazza

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Postilla » Fisco » Il Blog di Marco Piazza » Commercio e fiscalità internazionale » “Bonus aggregazioni”, ma non per le stabili organizzazioni

11 aprile 2019

“Bonus aggregazioni”, ma non per le stabili organizzazioni

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Lo schema del “Decreto crescita” approvato dal consiglio dei Ministri del 4 aprile 2019 e non ancora approdato in Gazzetta Ufficiale nel momento in cui si scrive  contiene, a quanto risulta, la riproposizione del c.d.  “bonus aggregazioni”   a suo tempo disciplinato con l’articolo 1, commi 242 e ss. della legge 296 del 2006  e poi ripresentato con l’articolo 4 del Dl. 5 del 2009 (v. circolari 11/E del 2007, par. 10.2, 16/E del 2007; 57/E del 2008, par. 8 e i numerosi interpelli editi riferiti alle specifiche casistiche).

Il testo approvato dal Consiglio dei ministri non è attualmente noto al pubblico. Supponendo che corrisponda con quello trasmesso al consiglio il 4 aprile, si osserva quanto segue.

Il “bonus aggregazioni” – che avrà carattere temporaneo, essendo limitata alle operazioni effettuate fino al 31 dicembre 2022 – consisterà nel riconoscimento fiscale gratuito, a certe condizioni:

– del disavanzo da concambio che emerga da operazioni di fusione e di scissione allocato, nel bilancio della società risultante dalla fusione o beneficiaria della scissione,  sul valore dell’avviamento o su quello di beni strumentali materiali e immateriali (il riconoscimento fiscale dell’avviamento era contenuto nella legge del 2006, ma non nella ripresa del 2009);

– nonché del maggior valore iscritto dalla società conferitaria in ipotesi di conferimento di azienda effettuato ai sensi dell’art. 176 del Tuir.

Le condizioni sono piuttosto stringenti. A parte la circostanza che il “bonus aggregazioni”  non spetta per il disavanzo da annullamento, ma solo per per quello da concambio (del resto lo scopo dell’agevolazione è incentivare le aggregazioni aziendali non le mere riorganizzazioni interne) e che l’ammontare complessivo dei maggiori valori iscritti agevolabili non deve eccedere i 5 milioni di euro, si deve tener presente che:

– alle aggregazioni aziendale devono partecipare esclusivamente imprese operative da almeno due anni.

– il “bonus aggregazioni” non si applica  qualora le imprese che partecipano alle predette operazioni facciano parte dello stesso gruppo societario. Sono in ogni caso esclusi i soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione superiore al 20 per cento ovvero controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto attraverso la maggioranza dei voti in assemblea ordinaria;

– i requisiti soggettivi ed oggettivi sopra citati devono sussistere  non solo al momento in cui viene posta in essere l’operazione di fusione, scissione o conferimento,  ma anche, ininterrottamente, nel corso dei due anni precedenti
l’operazione stessa.

– inoltre, la società risultante dall’aggregazione, che nei primi quattro periodi d’imposta dalla effettuazione dell’operazione pone in essere ulteriori operazioni straordinarie, ovvero ceda i beni iscritti o rivalutati decade dall’agevolazione, fatta salva l’attivazione della procedura di interpello.

Il campo di applicazione soggettivo è limitato alle società di capitali residenti in Italia. Come precisato dalla circolare 16/E del 2007,  ai fini della fruizione dell’agevolazione, rileva la natura giuridica del soggetto “finale” risultante dall’operazione di aggregazione aziendale che deve presentarsi nella forma di società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato. La norma nulla dispone, invece, con riferimento ai soggetti “di partenza” che pongono in essere le operazioni di concentrazione, con la conseguenza che possono partecipare alle operazioni in parola anche soggetti non residenti (in qualità di soggetti incorporati, fusi o scissi) e/o soggetti residenti con una forma societaria diversa da quelle delle società di capitali (ad esempio, società di persone ovvero enti commerciali), nonché imprese individuali.

Ciò premesso, la norma presenta alcuni problemi di coordinamento con la disciplina delle operazioni straordinarie internazionali.

In particolare:

– non si applica se il destinatario finale dell’operazione straordinaria è una stabile organizzazione in Italia di una società non residente; le stabili organizzazioni infatti rientrano fra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d) del Testo unico e non fra quelli di cui alla lettera a). E’ possibile che, sotto questo aspetto, la norma sia censurabile sul piano del diritto dell’Unione europea in quanto reca una discriminazione delle società non residenti lesiva della libertà di stabilimento;

– non è ben coordinata con l’articolo 166-bis del Testo unico (c.d. “entry tax“) che disciplina i “valori fiscali in ingresso” dei beni oggetto di trasferimenti intrasoggettivi, anche per effetto di operazioni straordinarie, di beni provenienti dall’estero. Se per esempio, una società italiana incorpora una società estera istituendo una stabile organizzazione all’estero oppure è beneficiaria di un ramo d’azienda situato all’estero di una società  scissa residente all’estero, l’articolo 166-bis già prevede che il costo fiscale dei beni ricevuti dalla stabile organizzazione corrisponda al loro valore di mercato, e ciò a prescindere dal loro valore contabile (risoluzione 69/E del 2016) e dall’entità dell’eventuale disavanzo di fusione. L’applicazione dell’articolo 166-bis, inoltre non è soggetto a particolari condizioni sull’apparenza ad un gruppo delle società coinvolte nell’operazione. E’ chiaro che essendo il “bonus aggregazioni” una norma di carattere agevolativo essa trova applicazione solo dove non esista altra norma che – come l’articolo 166-bis – deroghi al principio di neutralità delle operazioni straordinarie.

 

 

 

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