12 novembre 2019
La trappola fiscale delle fondazioni del Liechtenstein
Di norma, una fondazione di famiglia del Liechtenstein, la fondazione si comporta come una mera fiduciaria, fino a quando il fondatore è in vita, poiché il consiglio di fondazione esegue pedissequamente le disposizioni del fondatore. Con il decesso del fondatore, il consiglio di fondazione comincia ad esercitare pienamente i poteri che gli sono conferiti dal regolamento che, di norma, prevede la sua totale discrezionalità non solo nella gestione del patrimonio, ma anche nel decidere se e quando devolverlo, in tutto o in parte, ai beneficiari o attribuire ai beneficiari stessi il reddito prodotto.
In diversi casi, gli eredi (di norma coincidenti con i beneficiari) hanno, così, sperimentato l’impossibilità – anche esercitando azioni legali – di entrare in possesso dei beni del de cuius intestati alla fondazione in quanto il consiglio di fondazione non vuole in alcun modo venir meno al proprio dovere di amministrare il patrimonio nell’interesse dei beneficiari.
L’interpello 473 del 2019 aiuta a comprendere le nefande conseguenze fiscali di queste situazioni.
Essendo deceduto il fondatore, residente in Italia, l’istante chiede all’Agenzia delle Entrate come si applichi al caso di specie l’imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione e quale sia il trattamento ai fini delle imposte sui redditi delle somme che saranno eventualmente erogate dalla fondazione ai beneficiari (i figli) residenti in Italia.
Nel quesito viene affermato che:
- Il regolamento prevede solo ed esclusivamente la misura del beneficio eventualmente attribuibile ai figli da parte del consiglio di fondazione e
- per quanto riguarda le modalità di eventuale attribuzione dei benefici ai Beneficiari successivi, si evidenzia che il consiglio di Fondazione ha la facoltà (e non l’obbligo) di erogare a tali soggetti utili prodotti dalla Fondazione ovvero il patrimonio (anche solo parziale) della stessa.
Partendo da queste premesse, la fondazione viene, quindi assimilata dall’istante (coerentemente, del resto, con la circolare 38/E del 2013) ad un “trust opaco” in cui i beneficiari non vantano alcun diritto attuale ed incondizionato a percepire periodicamente i redditi prodotti dalla Fondazione e, dunque non rientrano nella categoria dei cosiddetti “beneficiari individuati” a cui debbano essere imputati “per trasparenza” i redditi prodotti dal trust anche se non percepiti dal beneficiario (v circolari n. 48/E del 2007 e n. 3/E del 2018; risoluzione 81/E del 2008).
Sempre sulla base dell’assimilazione della fondazione ad un trust, l’istante ritiene che l’imposta sui vincoli di destinazione di cui all’articolo 2, comma 47 del Dl. 262 del 2006 sia dovuta solo ed esclusivamente al momento della dotazione dei beni nella Fondazione, mentre nessuna imposta sia dovuta al momento del trasferimento ai beneficiari dei beni vincolati nella Fondazione
Come si può notare, le domande non riguardano la qualificazione giuridico-tributaria della fondazione – che, come si è detto, viene a priori assimilata dall’istante ad un trust opaco non residente ‒ ma, in generale, il regime del patrimonio e dei redditi delle fondazioni e dei trust sotto l’aspetto dell’imposta sulle successioni e donazione e delle imposte sui redditi.
In sostanza, il quesito è: in presenza di un trust opaco non residente (a cui è assimilata la fondazione) con disponente e beneficiari residenti in Italia, quando è dovuta l’imposta di donazione e come si tassano i redditi del trust?
Il quesito è più che legittimo, considerato, da un lato, la confusione causata dal disaccordo fra Agenzia delle Entrate e Cassazione sul momento in cui debba essere tassata la costituzione del “vincolo di destinazione” di cui all’articolo 2, comma 47 del Dl. 262 del 2006 e, dall’altro, l’ambigua formulazione dell’44, comma 1, lettera g-sexies) del testo sull’imputazione ai beneficiari dei redditi del trust, anche a causa della sibillina interpretazione “adeguatrice” contenuta nella circolare 61/E del 2010. Punto quest’ultimo chiarito solo lo scorso 26 ottobre con la pubblicazione in G.U. del Dl. 124 del 2019. L’articolo 13 del richiamato Decreto ha, infatti, modificato il testo dell’articolo 44, comma 1, lett. g-sexies) precisando – con riferimento ai trust “opachi” – come le somme corrisposte ai beneficiari siano da assoggettare a tassazione solo se il trust è stabilito in un Paese a “fiscalità privilegiata” ai sensi dell’articolo 47-bis del Testo unico. Al momento della presentazione dell’istanza che ha dato luogo alla risposta in commento tale chiarimento era auspicato ma non ancora noto, da qui l’esigenza di una espressa posizione da parte dell’Ufficio.
L’Agenzia evita di rispondere ad entrambi i quesiti.
Infatti:
- premette che la circostanza relativa all’interposizione fittizia della fondazione del Liechtenstein rispetto al padre si riflette anche nei confronti dei figli, “salvo diversa dimostrazione” che, tuttavia, esula dall’analisi della istanza;
- e poi dedica il resto della risposta ad illustrare le conseguenze fiscali dell’eredità di un patrimonio intestato fittiziamente ad un soggetto non residente.
In pratica, secondo l’Agenzia, “salvo diversa dimostrazione”, la fondazione è un’entità fittizia anche dopo la morte del fondatore con l’effetto che i beneficiari dovranno assoggettare a tassazione in Italia i singoli proventi della fondazione come se detenessero il patrimonio direttamente, pur non avendone la materiale disponibilità, a causa della discrezionalità del consiglio di fondazione riguardo alla destinazione dei redditi del patrimonio della fondazione.
E’ facile immaginare le conseguenze di una tale interpretazione: se il consiglio di fondazione non avrà almeno il buon cuore di erogare ai beneficiari le somme necessarie per pagare le tasse, questi, oltre al danno di non poter entrare in possesso di somme che – in assenza della struttura del Liechtenstein –avrebbero semplicemente e automaticamente ereditato, subiscono la beffa di dover pagare le relative imposte con i propri risparmi.
Ma non è tutto. Tralasciando di fornire interpretazioni riguardo alla tassazione del vincolo di destinazione, la risposta conclude che, in applicazione dei principi generali in materia di imposte sulle successioni e donazioni, non si può escludere che si verifichino i presupposti per l’applicazione delle imposte di successione e donazione nell’ipotesi in cui si verifichino eventuali erogazioni di somme o trasferimenti di beni, effettuati dal consiglio di Fondazione, in favore dei Beneficiari. Parrebbe, quindi, che il momento imponibile coincida con la materiale erogazione e non con la morte del fondatore il che evidenzia una certa contraddizione con le conclusioni raggiunte a proposito delle imposte sui redditi e aggiunge una ulteriore beffa: i beneficiari devono cominciare a pagare le imposte sui redditi prima di entrare in possesso del patrimonio e, non essendo state ancora pagate le imposte di successione, non hanno neppure la possibilità (nel caso in cui si tratti, ma non è chiaro, di imposte di successione e non di donazione) di aggiornare i valori di carico dei titoli ai sensi dell’articolo 68, comma 6 del Testo unico.
Insomma, l’unica cosa veramente chiara è che le colpe dei padri ricadono sui figli.
In tutta la vicenda, comunque, l’inciso “salva diversa dimostrazione” ha un ruolo chiave. Una valutazione dell’Agenzia sulla tenuta della “diversa dimostrazione”, può essere infatti ottenuta preventivamente poiché l’articolo 37 del Dpr. 600 del 1973 – che, al comma 3, disciplina i casi di interposizione ‒ al quarto comma stabilisce che il contribuente può comunque richiedere un parere all’amministrazione in ordine all’applicazione delle disposizioni di cui al comma stesso al caso concreto, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), dello Statuto dei diritti del contribuente (“Interpello qualificatorio”). Questa sarebbe la sede idonea per ottenere un giudizio sulla questione di fatto se, la fondazione (o il trust, a secondo dei casi) sia o meno un soggetto interposto.
L’insegnamento comunque è chiaro: è meglio che il fondatore che abbia fruito dello scudo fiscale o della collaborazione volontaria si faccia reintestare il patrimonio prima di morire.
Scritto il 7-10-2020 alle ore 14:31
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