12 novembre 2019
Quando i fondi esteri sono CFC
La nuova disciplina CFC è applicabile anche ai soggetti residenti in Italia che detengano azioni o quote di organismi di investimento esteri, ma con riferimento a una parte di proventi del fondo derivati da una tipologia di investimenti molto circoscritta: praticamente solo quelli (titoli atipici italiani o esteri e cambiali finanziarie obbligazioni italiane diverse da quelle emessi dalle banche o da società quotate) che, se percepiti da un in fondo italiano sarebbero stati assoggettati a ritenuta d’imposta in capo al fondo, anziché beneficiare del regime in regime di esenzione di cui all’articolo 73, comma 5-quinquies del Testo unico.
In realtà l’articolo 167 del testo unico si limita a stabilire che il regime delle controlled foreign company (tassazione per trasparenza, in capo al socio, del reddito dell’entità estera anche se non percepito) si applica ai soggetti residenti che controllino direttamente o indirettamente soggetti non residenti i cui redditi siano assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia e i cui proventi siano per oltre un terzo costituiti da passive income.
I redditi dei fondi comuni esteri sono per lo più esenti da imposte, ma lo sono anche quelli italiani, con alcune eccezioni. Pertanto il caso in cui il tax rate effettivo estero sia inferiore al 50% di quello virtuale domestico, è solo quello in cui il fondo estero detenga investimenti suscettibili di produrre proventi che, in capo ad un fondo italiano sarebbero soggetti ad imposizione. Si tratta di pochi casi: proventi dei titoli atipici di cui agli artt. 5 e 8 del d.l. n. 512/83 nonché agli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e delle cambiali finanziarie cui all’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 600/73 assoggettati alla ritenuta in modo indifferenziato da parte dell’emittente (v. per tutti Assogestioni, circolare 68/2012/C).
E’ comunque da escludere che il soggetto residente in Italia, anche tenendo conto dei familiari, abbia il controllo di un OICR estero. Sicuramente non il controllo ex articolo 2359 del codice civile, perché un carattere costituivo degli OICR è di costituite un patrimonio autonomo, gestito in monte, nell’interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi. Gli azionisti o quotisti del fondo quindi non esercitano alcun potere di controllo.
Può però accadere che l’investitore, tenendo conto anche dei familiari, detenga una partecipazione, diretta o indiretta ai proventi del fondo superiore al 50%. Come osserva il Consorzio Studi e Ricerche Fiscali nella sua circolare 2 del 2019, si tratta di una casistica inconsueta. “Mentre infatti può verificarsi il caso di una partecipazione cospicua in singoli comparti di OICR esteri (generalmente multicompartimentali), è particolarmente raro che si verifichi il caso di una partecipazione qualificata (ai fini CFC) considerando l’OICR nel suo complesso”. “Né d’altra parte – a parere del Consorzio – il riferimento normativo alle società e agli enti non residenti consentirebbe di attribuire autonoma rilevanza come CFC a singoli comparti”.
Il fondo comune in cui un solo investitore, singolarmente o con i familiari, detenga direttamente o indirettamente oltre il 50% di un fondo comune si trova, in realtà, al confine fra la nozione di OICR e quella di società.
Ricordiamo che uno dei requisiti definitori degli OICR è il fatto di fare “raccolta di patrimonio” e che il regolamento della Banca d’Italia sulla gestione collettiva del risparmio (pag. I.2.3., nota 5, conforme agli Orientamenti sui concetti chiave della direttiva GEFIA emanati dall’ESMA) precisa come non rientri nella nozione di raccolta del patrimonio l’adesione da parte di un familiare a un veicolo di investimento costituito e partecipato dagli appartenenti a un medesimo nucleo familiare e che ha come oggetto esclusivo la gestione del patrimonio familiare. A tal fine, vengono in considerazione i parenti fino al quarto grado, il coniuge, il convivente more uxorio e i figli di quest’ultimo, gli affini, nonché in generale i familiari fiscalmente a carico.
Ricordiamo che la definizione civilistica di OICR si ripercuote sul suo inquadramento fiscale (v. circolare 33/E del 2011, par. 2, ma anche in numerose successive pronunce dell’Agenzia delle Entrate (la circolare 2/E del 2012, la risoluzione 78/ del 2017; 147, 44 e 43 del 2018 e le risposte 345 e 385 del 2019).
Verificata la circostanza che il fondo comune sia considerato CFC, si applica la disciplina dell’artico 167. In particolare, come sintetizzato dalla versione finale della relazione illustrativa al decreto 142 del 2018, i redditi provenienti da OICR non residenti sono assoggettati ad imposta in capo al soggetto controllante residente, “se e nella misura in cui gli stessi redditi sarebbero stati assoggettati ad imposizione se prodotti da organismi di investimento (OICR) residenti”.
Si comprende, così, la disposizione contenuta nel comma 10 che riguarda il regime fiscale dei dividendi formati con utili che sono stati già tassati per trasparenza in capo al socio.
Il comma 10 stabilisce, in genere, che sono esclusi dalla formazione del reddito del soggetto residente gli utili distribuiti dal soggetto controllato non residente per un ammontare corrispondente al reddito già imputato per trasparenza anche in periodi d’imposta precedenti.
La detassazione degli utili distribuiti, però, non opera nel caso in cui gli utili siano relativi a OICR non residenti i cui redditi restano interamente imponibili al momento dell’incasso. Per equiparare il trattamento del provento dell’OICR non residente a quello di un fondo residente, è, tuttavia, previsto che al costo fiscale delle quote dell’OICR vadano in sostanza aggiunte le imposte italiane già versate, nell’ambito della disciplina CFC dall’investitore.